Poetica

Chiamateci Rumorosi Alieni Corpi

quasi un crac,
crollo
o forse quasi un suono
quasi un crac
una alterazione di stato,
caduta spesso improvvisa, insuccesso
crac,
voce di origine onomatopeica,
originariamente suono
craaaac,
voce che riproduce e indica il rumore
di qualcosa che si rompe, cede improvvisamente
cede altrove.
Craccare, hackerare;
forma grafica con la quale nei fumetti rappresentato il rumore di qualcosa 
che si spezza, di solito accompagnato da saette nuvolette e crepature

Crepe  Rotture  Alterazioni  Cicatrici

Il collettivo CRAC si propone lo sviluppo di una performatività umana, cioè della possibilità  di ogni persona di usare un linguaggio artistico e creativo, non solo di fare ma anche essere: essere presente, essere con, essere per, essere teatro, essere trasformazione, essere linguaggi, essere forme.

Usare questo medium per incarnare, per rinnovare lo sguardo, per conoscere, per trasformare.
Rompere le bolle delle nostre piccole realtà in cui rischiamo di rimanere intrappolatƏ.
Si propone di attraversare tutte le sfaccettature dell’umano e di attraversare trasversalmente tutti i suoi linguaggi, con una ardita utopia.

Il collettivo ricerca con precisione un paradigma immersivo, multisensoriale, itinerante, partecipato.
La partecipazione è il valore posizionale che la persona sceglie o si trova a vivere. Rimane una posizione, una postura, un accordo tra contrasti più o meno espliciti, più o meno interiori.

Si ricerca l’effimero. Si ricerca l’imprevisto. Si ricerca una densità e un sapore.

Le domande sono punti di arrivo. Snodi. Punti di s-blocco.

C/ R? A? C?

Costruire Rabdomanti Appartenenze Comuni

Chi siamo

Lavora come performer e come pedagogista, integrando pedagogia, pratiche teatrali ed espressione corporea. Consegue la laurea magistrale in Pedagogia nel campo delle problematiche relazionali e del disagio sociale. Quello che la affascina della pedagogia è lo studio della formazione e dell’educazione che ognun_ di noi può agire su se stess_, una danza. Quello che la affascina del performativo è la possibilità di mettersi a nudo, di guardarsi in faccia percorrendo obliquamente gli elementi, le persone, lo spazio, il tempo, l’accadimento che siamo. Concludere, lasciare l’Io, non esagerare con la proiezione del sè, lasciarsi andare, lasciare andare, sentirsi affiorare.

Mara Roberto

Pedagogista, performer e circense, consegue il PhD con un lavoro su arte e cambiamento sociale, concentrandosi sull’uso di performance e giochi per trattare tematiche legate a soggetti oppressə, esclusə, marginalizzatə, razzializatə e ritenuti non conformi, fuori norma. Ha coltivato progetti artistici in diversi ambiti (educativa di strada, comunità minori, scuola, campi rom, psichiatria, area migranti e disabilità), sempre accompagnati dal fattore gioco e corpo come mediatori. Pensa che i mostri siano magnifici, la vita un collage, la terra desolata, la resistenza sacra e le possibilità infinite ¿

Andrea Bianca Maragliano

Lavoro come danzatrice e performer, cercando di porre uno sguardo attento al contesto co-creatosi col luogo che attraverso e che mi attraversa. Per “luogo” intendo qui la compartecipazione di tutte le componenti umane e non-umane che vanno a creare una situazione. “Porre attenzione” è un’inclinazione umana, riguarda l’essere (una) persona, è un modo di stare con le cose, col mondo. Immers* nelle dinamiche produttive che dirigono ogni aspetto dell’oggi, troppo spesso ci si dimentica che l’attenzione ad ascoltarci e ad ascoltare sono le fondamenta del “cum-vivere”. Lo studio dell’antropologia e la pratica della danza mi permettono di interrogarmi di volta in volta su come decido di con-vivere, di co-r-rispondere.

Silvia Brazzale

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