IO MOSTRO TU MOSTRI
“IO MOSTRO TU MOSTRI” si propone come percorso e pratica performativa di comunità, come possibilità di ricerca del movimento, come riappropriazione del gesto e dello spazio pubblico, come indagine sensibile, poetica, politica.
Il laboratorio in svolgimento dal 2021 desidera creare con le persone un processo collettivo in continua trasformazione e in continuo dialogo attorno al concetto di mostruosità, al movimento non conforme e allo sguardo come dispositivo di potere di ciò che è accettato o no, di ciò che può essere o no mostrato alla luce.
La proposta laboratoriale si focalizza sullo sguardo, utilizzando le scatole di cartone indossate a coprire la testa, come oggetto che permette di giocare con diversi punti di vista. Osservare come da piccole pratiche sullo sguardo possa nascere una consapevolezza allargata in grado di collegare diversi mondi: interno, esterno, personale, collettivo, materiale, spirituale. Lo sguardo si pone come soglia a cavallo tra questi mondi. Soffermarsi a lavorare minuziosamente su tale soglia conduce a una rivitalizzazione degli occhi e ad uno spalancarsi della visione: il nostro sguardo può diventare un atto politico.
Oltre allo sguardo che subisco c’è lo sguardo che scelgo, che agisco e che sono: tutto il corpo è sguardo. Dentro la scatola, nonostante il proprio viso sia celato, l’intenzione può diventare gesto e movimento. Le pratiche proposte vogliono aprire alla possibilità che l’azione sul mondo possa cominciare proprio dalla qualità con cui appoggiamo lo sguardo sul mondo stesso.
L’oggetto scatola è un simbolo ambiguo e poliforme, capace di suscitare diversi immaginari, che nelle pratiche verranno esplorati a partire dal sensoriale per arrivare al proprio immaginario: scatola come etichettamento escludente (‘chiudere in una scatola, nascondere’), come scrigno in cui riporre qualcosa di prezioso (‘scatola dei ricordi’), come spazio protetto (‘il nido’, ‘un rifugio’, ‘l’armatura’), scatola come luogo lontano dalla luce e dagli sguardi, ma anche come oggetto fisico in cui sperimentare la tattilità, la presenza e diverse qualità di sguardo, attraverso fori e feritoie che aprono a giochi di visioni molteplici. Sperimentare con l’oggetto scatola vuol dire affacciarsi ad una soglia: che sguardo abbiamo nella scatola? come stiamo lì dentro, nascoste? chi guarda dall’esterno cosa vede? si sente osservartƏ? come esibisco la mostruosità quando non sono vista? e quando lo sono? In che modo cambia la nostra percezione corporea quando il nostro sguardo è celato? Che sensazioni ci attraversano nella vicinanza di corpi che non vediamo, ma di cui sentiamo la presenza?
2024 | Ekodanza – Centro Culturale PALEOTTO11, Bologna
all’interno di Festival Sperimentale “La Campeggia FS_fare spazio, II edizione”, organizzato da Ekodanza, all’interno di Bologna Estate 2024, sostenuto da Regione Emilia Romagna e Comune di Bologna
2024 | Libera Collina di Castello, Genova
2024 | Università degli Studi di Torino & Filieradarte – Spazio BAC e StudiumLab, Torino
2024 | Global Cassero, Cassero LGBTI+ Center, Bologna
progetto europeo Activate Youth, finanziato dal programma Erasmus+ in collaborazione con Active Rainbow, Olde Vechte Foundation (Netherlands), Roes Cooperativa (Greece), Moja Mavrica (Slovenia) e Rõuge Noorsootöö Keskus – Rõuge noortekeskus (Estonia), Cassero LGBTI+ Center, Bologna
2023 | Centro Culturale Alle Ortiche, Genova
2023 | Comune di Torino, Filieradarte, Lavanderia a Vapore & Fondazione Piemonte dal Vivo, Arcigay Torino, Università degli Studi di Torino – Spazio BAC, StudiumLab, CasArcobaleno , Torino
2022 | Zena Trans & Liguria Pride – Liguria Rainbow, Genova
2021 | Associazione Didee, Istituto Salvemini, Filieradarte, Polo del ‘900, Torino
all’interno di ‘Quale genere di corpo?’ rassegna di danza contemporanea di comunità sulle tematiche di genere, a cura di Didee, in collaborazione con il Polo del ‘900, in dialogo con l’Istituto di studi storici Salvemini e il supporto di Filieradarte.
Foto a cura di Stefano Scheda e Nicola Scapin
Foto a cura di Alessandra Cavalli
Foto a cura di Sandro Carnino & Mara Roberto
Foto a cura di Claudia Sferruzza